venerdì 10 dicembre 2010

A.A.A.: Aggressività, Ansia e Angoscia come 3 "A" strettamente correlate.

L'Aggressività (intesa etimologicamente come ANDARE VERSO, dal latino ad-gredior) è un istinto primario, codicio sine-qua-non per la sopravvivenza.
E'un fenomeno fisiologico legato all'istinto di difesa e all'esplorazione. Essa viene mobilitata ogniqualvolta l'individuo subisca una minaccia o una frustrazione (impedimento di un atto tendente a soddisfare un bisogno).
Chi disponga di una sana aggressività e non sia dunque ipo od iper-aggressivo, sarà disposto a MUOVERSI VERSO gli altri, verso il mondo, verso le situazioni e le occasioni incanalando questa spinta propulsiva verso fini individualmente e socialmente utili nel rispetto dei diritti propri e altrui.
Vi si muoverà spinto da tensione cognitiva e da curiosità e, soprattutto, vi si spingerà da PROTAGONISTA, ovvero come SOGGETTO ATTIVO.
Essere aggressivi in maniera produttiva, contrastando la tendenza regressiva che porterebbe di per sé allo sviluppo predominante dell'aggressione cosiccome contrariando un'esagerata tendenza difensiva di un IO immaturo e debole che preferisce rimuovere inconsciamente l'impulso aggressivo trasformandolo in sintomo nevrotico o psicosomatico, può essere appreso, consentendo di affrontare la realtà in termini vantaggiosi e produttivi.
Chi invece non disponga di una sana aggressività, sarà SOGGETTO a permanere in un ruolo tendenzialmente PASSIVO, costretto ad attendere la “mano tesa” nel movimento altrui, restando perlopiù inattivo.
Com'è ovvio, la condizione psicologica del soggetto tra l'essere attivo o passivo, varia di granlunga , premiando con infinite opportunità il primo ed esponendo al contrario il secondo, alla mercè degli altri, ad una sequela di occasioni mancate quando non al rischio di soccombere, vittima dell'aggressività altrui.
L'aggressività pertanto, come motore verso l'azione, spinge l'uomo a muoversi, foss'anche solo per spingersi lontano dal pericolo, allontanandolo per tempo dalla fonte che costituisce una minaccia che abbia stimolato in lui un prudenziale sentimento di PAURA.
Il precursore della risposta aggressiva è dunque l'ANSIA, che si configura come uno stato d'allerta promosso dalla paura o dalla frustrazione di un bisogno.
Essa predispone il soggetto ad una qualche azione rendendolo massimamente vigile.
L'ansia è un campanello d'allarme. Quando inizia a suonare, mette in risonanza, attivandolo, il sistema simpatico. Scatenando adrenalina,questo inibisce i processi anabolici (attività gastrointestinali) e stimola l'attività cardiaca e polmonare, aumentando l'irrorazione sanguigna di muscoli, polmoni e cervello.
Pensiamo al gatto che avendo udito l'abbaiare furioso di un cane vi reagisca provando paura.
La prima subitanea reazione nel momento dell'entrata in ansia, sarà quella di porsi in ascolto con tutti i sensi in allerta, nella paralisi del movimento, nel mentre il corpo tutto si va predisponendo alla risposta di fuga o di fronteggiamento del pericolo, in una vistosa tensione anticipatoria.
Aumenterà la disposizione all'acuità visiva (con pupille in midriasi), i muscoli saranno contratti, il pelo rizzato per apparire più grosso e temibile, il battito cardiaco aumentato, ecc.
Le variazioni neurovegetative saranno temporanee e strettamente legate al perdurare di un evento minacciante e oggettivo.
Rabbia e paura tendono immediatamente allo scarico e alla risoluzione, con la fuga o l'attacco, di uno stato conflittuale presente nella realtà.
Il gatto pertanto, qualora il pericolo-cane si affacciasse sulla scena concretamente, si troverebbe a scegliere la via di fuga (ad es. arrampicarsi su di un albero) o quella dell'attacco (fronteggiare il cane attaccandolo a sua volta).
Allo stato d'ansia normalmente fa séguito una strategia che mette in gioco l'aggressività e la risposta possibile che si prospetta è,come si è detto, duplice : la fuga o l'attacco.
Dalla minaccia o si scappa, o ci si difende affrontandola.
Quando lo stato d'ansia si debba protrarre per un tempo troppo lungo, chè il pericolo incombe ma non si concretizza mai in un qualcosa che si possa affrontare in una situazione concreta che preveda l'andare-verso una via di fuga o l'andare-verso scagliandosi contro ciò che costituisce la minaccia,
allora il perdurare parossistico dello stato di allerta comporta stress.
Lo stress prolungato diventa mano a mano sempre meno sostenibile fino a sfociare nell'ANGOSCIA.
L'Angoscia pertanto rappresenta uno stato, per dir così, di imbarazzato impaludamento nella paura che è diventata pànico e che non consente più alcuna risposta tra le due possibili: fuga o attacco.
Il risultato è la paralisi; una irresolvibile situazione di stasi, un'attesa vana di un qualunque movimento che conduca verso l'evitamento dalla fonte che costituisce minaccia.
Il campanello d'allarme continuerà a suonare e ad essere udito provocando una sorta di intossicazione da attivazione del sistema simpatico il quale finirà con l'assere vissuto come del tutto “ antipatico” (inteso nella sua accezione corrente come non opportuno e fastidioso).
L'Angoscia è uno status di sofferenza generato da una serie di cause legate tanto al mondo esterno quanto a quello psichico.
Diversamente dalla paura, l'angoscia immobilizza (razionalmente e sensorialmente) rendendo il soggetto passivo alla sofferenza, del tutto incapace di muoversi-verso.
Ansia e Angoscia sono due diversi registri emozionali attivati dal medesimo istinto primario- l'aggressività- che implicano un grado diverso di coinvolgimento: nell'un caso l'uomo AGISCE, nell'altro SUBISCE.

Ansia ed Angoscia, come risposte diverse ad un medesimo attivatore comune, l'Aggressività, sembrano infine l'esordio e l'epilogo di due diverse età evolutive: la giovinezza e l'età matura.
Se in giovane età (quando l'istinto esplorativo e discriminativo rende l'uomo vigile di fronte agli eventi e dispone ad un'agire da protagonista, da soggetto attivo presente a sé stesso) l'attivazione dell'ansia predispone più facilmente e rapidamente ad una risposta sanamente aggressiva, nell'età matura non è infrequente che il protrarsi di stati d'ansia sfoci invece in uno stato d' angoscia.
L'uomo maturo,civilizzato e urbanizzato in aree di sovraffollamento, condizionato da forti inibizioni sociali, esposto a croniche tensioni anticipatorie che non trovano una risoluzione comportamentale, spinto da eventi spesso inspiegabili ed immodificabili, alle prese con variabili impossibili a controllarsi, imbrigliato in rapporti sociali sempre più complessi, ansiogeni e frustranti, intorpidito nei sensi, intossicato da molteplici e reiterati stati d'ansia dove rabbia e paura non trovando immediatamente una possibilità di scarica o di risoluzione ingenerano livelli troppo alti di stress, frastornato da un sistema che corre troppo rapido spesso travolgendo e distruggendo inesorabilmente il preesistente, può finire col percepire se stesso come spettatore impassibile, paralizzato ed inerme, di necessità sofferente, alla lunga possibile vittima del “mal di vivere”.

Diceva il filosofo che nella vita “panta rei”, tutto scorre perchè tutto è movimento. Nella morte, al contrario, vi è stasi. Intendendo l'aggressività nel suo significato etimologico di muoversi-verso, ecco spiegato come essa abbia bisogno dell'ANSIA quale spinta vitale verso un movimento funzionale all'affermazione di sé attraverso l'esplorazione, la ricerca ,il lavoro,ma anche l'amicizia e l'amore (vincoli personali questi, sviluppatisi paradossalmente tantopiù in animali predatori fortemente aggressivi in cui si sia resa indispensabile la collaborazione intraspecifica ai fini della conservazione della specie).

Ma quando l'ansia sia divenuta troppo intensa, essa si tramuta nel sentimento dell' ANGOSCIA che al contrario risulta disfunzionale al movimento, a quel movimento che servirebbe da stimolo per abbandonare vecchi stereotipi dinamici e per trovare nuovi sistemi di adattamento.
Quando l'aggressività quale reazione istintuale collegata ai meccanismi arcaici dell'esistenza sostenuta dall'ansia e prima che l'ansia si possa trasformare in angoscia pervasiva e paralizzante viene meno, in qualche modo viene meno anche la vita.
Se l'ansia dunque è un segno di movimento e di vita, l'angoscia è un segno di paralisi che impedisce la vita.

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