domenica 12 giugno 2011

In memoria del Nonno (scritto di getto dalla nipote 20enne, Marianna, dopo il 5 dic. 2007)

"Come mio nonno, amo scrivere. Amo veder scivolare le lettere, poi le parole, e via via frasi intere dalla penna. Come presa da un medievale horror vacui, bramo riempire d'inchiostro nero quelle nude pagine bianche tra le mani. In particolare amo scrivere articoli giornalistici. Al liceo, ad esempio, lo facevo per il giornalino scolastico. E i miei articoletti li ho sempre inviati in anteprima a mio nonno (via lettera, abitavamo lontani e lui disdegnava il computer), il quale ha sempre apprezzato la mia "ricchezza di idee, la scioltezza nell'esporle, la capacità di adeguare lo stile al contenuto".
Capiva perfettamente quanto il mio scrivere fosse spontaneo, frutto come di una necessità, di un bisogno.
Purtuttavia, è da tanto che non coltivo questa mia passione, e mai avrei pensato di ricominciare proprio per ricordarlo, a pochi giorni dalla sua morte.
Francesco Crosato -ma lui diceva di non riconoscersi in "Francesco" e perciò si faceva chiamare da tutti Cesco-, era mio nonno. E il soprannome "Cesco" avvolge pienamente il suo istrionico essere.
Lo posso ricordare così: calzoncini corti, fronte imperlata di sudore, guanti di pelle plastificata da giardinaggio, fiori e rametti secchi tra i fini e radi capelli bianchi, chino -seppur su un ginocchio malandato- intento a potare, curare, innaffiare, "coccolare" le sue piante.
Oppure seduto al pianoforte, la fronte corrugata, gli occhi miopi che seguono repentini ora le note ora le mani, risultando quasi strabici ... La musica, Chopin soprattutto, filtra attraverso le abili dita, si diffonde per il salone al piano superiore, incanta, incupisce, consola.
Lo ricordo in cucina, ormai vedovo da qualche anno, il giorno di Natale, intento a preparare il baccalà. Tutti quelli che l'hanno potuto gustare, convengono nel dire che migliore di quello del nonno non c'è. Lo ricordo in una calda giornata estiva a Creta, intento a farsi comprendere da un suo coetaneo, seppur meno in forma di lui, in un misto di italiano, tedesco, latino e greco antico. Ricordo le sue stravaganze, che lo costringevano ai rimproveri familiari, e che lui sapeva seppellire sotto la sua risata ironica, da Peter Pan che ha combinato un'altra delle sue marachelle.
Lo vedo seduto sul divano di pelle verde, mentre schiocca con le dita le orecchie della povera gatta Emi, che, amorevole e condiscendente, continua a fare le fusa. Lo sento accanto a me, mi prende la mano e per stuzzicarmi me la picchia sulla sua coscia. Sa che mi da fastidio, ma continua ad essere il nostro gioco...
Camminiamo tra le bancarelle di una fiera di fiori, lui chiacchiera, saluta, si intrattiene con i passanti, gli ambulanti. Oppure in un museo, oppure stiamo semplicemente seduti: mi racconta di quando da giovanotto, durante la guerra, aiutasse i partigiani mettendo chiodi sotto le ruote delle camionette dei tedeschi o distribuendo stampa clandestina. Mi insegna i vecchi motti fascisti, le canzoni dei balilla. Forse è un modo per non dimenticare e temperare le antiche paure esorcizzandole.
Lo vedo mentre batte a macchina i suoi articoli, con ordine impila i fogli del suo prossimo manoscritto. Inforca gli occhiali e guarda il TG 3, Report, Ballarò...s'indigna...soffre delle pene dell'umanità, non trova consolazione alla corruzione dei politici italiani, esulta quando mostrano i girotondini..., s'arrabbia... Si congratula con me per pensarla allo stesso modo. Conservo tutto questo del nonno Cesco.
Qualcuno a lui vicino mi racconta di come fosse ancora pronto a mettersi in gioco in campo professionale, di come sentisse forte la sua responsabilità di medico, di quanto potesse essere ancora propositivo e appassionato. Ma di come, alla fine, l'incomprensione l'abbia perseguitato per tutta la vita, e di come lui, seppur con amara tristezza, abbia saputo allontanarla mantenendo alto lo sguardo e l'onore di medico e di uomo. Di come fosse strano, ma geniale.
Buon viaggio nonno, so che le mie parole ti giungono ovunque tu sia e questo mi conforta. Grazie a tutti quelli che mi leggono, a quelli che sono stati accanto al nonno in questi anni, a quelli che ci hanno consolato in questi giorni, a tutti i suoi ex-pazienti e colleghi che lo rimpiangono con affetto. Spero di aver contrubuito -almeno in parte- a completare il ricordo che voi avevate di lui."

2 commenti:

  1. é il sogno di ogni nonno poter ricevere in dono parole così da una nipote...affetto, complicità, sintonia mentale...bel ricordo Marianna, dona l'idea di tuo nonno anche a chi, come me, non lo ha conosciuto!

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  2. grazie Gabry! Proprio in questi giorni sto stampando la tesi, a lui dedicata. Un abbraccio!

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